[EN] Some music made by me on Soundcloud…

05/08/2015

ladproject-fourteendaysofhope

The following topic isn’t really something I usually talk about, but I used to compose electronic music since I was seventeen (now I’m almost twice that). I always considered music as a personal, intimate thing, not something to use in order to elevate your social status with, to look cool with, to make profit out of it, or stuff like that. For me music is the best painkiller when anything else works, the ultimate form of comunication when words and gestures aren’t enough.

My last EP is dated 2011, and I didn’t compose anything since then. Then ca. one month ago I composed a new track, “Luce” (it means “Light” in Italian), and few days after a second new one, “Fourteen Days of Hope“, both tighly linked to some personal episodes. I decided to take advantage of these two new babies to give a try to Soundcloud, and see what kind of feedback I could get from the people of the Internet.

Point your browser to the following link, if you like: soundcloud.com/ladproject. And drop a line if my work gives you an emotion or two 🙂


[IT] La frammentarietà di Soundcloud rappresenta un limite per la sua crescita?

22/01/2013

soundcloud_logo

Su Soundcloud ho da sempre avuto un parere contrastante: se da un lato ne ho sempre criticato alcune scelte “tecniche” (e la nuova, pesantissima interfaccia grafica dotata di funzione “endless scrolling” introdotta recentemente non è un miglioramento in tal senso…), dall’altro ne ho sempre apprezzato l’eccellente capacità di porsi come “incubatore” di nuovi sottogeneri e sonorità underground, che proprio su piattaforme sociali come questa nascono e hanno modo di farsi conoscere al pubblico più attento della Rete.

Soundcloud nasce in risposta ad un’esigenza che tutti i producers di musica elettronica hanno sperimentato sulla propria pelle almeno una volta nella vita, ovvero la voglia impellente di far ascoltare immediatamente a qualcuno il proprio, nuovissimo pezzo appena ultimato e caldo-caldo di “Export” da Ableton Live. Se fino a qualche anno fa si chiedeva un parere alle cerchie di amici “virtuali” che ci si era creati negli anni su forum specializzati e canali IRC, spammando il link al proprio pezzo come se non ci fosse un domani, adesso con Soundcloud si fa molta meno fatica. Si carica il proprio pezzo lì, a volte anche incompleto (“draft”, “alpha version” e “beta version” pullulano come funghi), ci si prepara un caffè e si attende che le funzioni social della piattaforma facciano il resto.

Con Soundcloud, essere ascoltati non è più un’impresa, non è più necessario spammare in giro, non è più necessario avere conoscenze in merito a servizi gratuiti di hosting, upload, ftp e quant’altro. Il commento è dietro l’angolo, basta che l’utente segua la semplicissima (rispetto ad altri servizi) procedura di registrazione del sito ed è pronto a scrivere frasi virili  (come l’evergreen: “my rubix cube fell off my desk and solved itself”) in corrispondenza del minuto 1:13 del vostro pezzo dubstep, quando entra in scena il tanto atteso drop” di basso spaccandovi il subwoofer (e prevedibilmente anche gli ammenicoli dei vicini di casa di sesso maschile). Non è neanche più così complicato come prima collaborare con qualche altro producer in giro per il mondo o accaparrarsi la cantante più in voga del momento nell’underground per una parte vocale o ottenere un remix chillwave. Tutti si iscrivono a Soundcloud, tutti si incontrano su Soundcloud, tutto gira intorno a Soundcloud, tutto nasce su Soundcloud.
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[IT] Timidi tentativi di geolocalizzazione nella scena musicale 2.0?

10/05/2012

Se bazzicate la Rete almeno da quando la bazzico io, ricorderete sicuramente l’introduzione dei “tags” in calce ad articoli, posts e quant’altro. Una trovata sicuramente molto utile e che, se usata con criterio, permetteva all’usufruitore di rendersi conto a colpo d’occhio di che contenuto si stesse accingendo a fruire. I tags si sono evoluti nel tempo e sono tuttora adoperati in tutte le salse nella Internet dei giorni d’oggi. A livello musicale, i tags venivano adoperati principalmente identificare il/i genere/i di riferimento, ma ad un certo punto hanno iniziato ad essere affiancati da nomi di città. Non era inconsueto leggere “Detroit” vicino a “minimal techno” o “London” vicino a “drum & bass“.
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[IT] Bandcamp diventa ogni giorno di più il motore trainante dell’autoproduzione musicale. Tutto questo a scapito delle netlabels?

13/02/2012

Al di là di roba Creative Commons e netlabel, scarico e ascolto ben poco. Questo “poco” si riduce a pezzi/album random di genere dubstep, chillwave, witchouse e post-rock. Essendo tutti generi di nicchia, spesso pubblicati da label piccole o minuscole, è davvero difficile tener traccia di tutto ciò che esce senza usare blog specializzati, che in genere forniscono anche un link per scaricare (a scrocco) l’album da uno dei migliaia di siti di free hosting disponibili (ultimamente, dopo la scomparsa di Megaupload, sono rimasti in piedi un po’ meno di migliaia…).

Su questi blogs, che seguo da anni, è da un po’ di tempo che si registra un’inversione di tendenza. Se prima la maggior parte di questi prodotti musicali di nicchia provenivano quasi esclusivamente da etichette discografiche più o meno underground, adesso invece è sempre di più l’autoproduzione a farla da padrone. Leggi il seguito di questo post »


[IT] Bandcamp e Soundcloud come guide del panorama musicale underground mondiale?

09/01/2012

L’anno appena passato ha visto la nascita e l’esplosione di alcuni nuovi (sotto)generi musicali, che tanto hanno acceso gli animi dei frequentatori dell’underground musicale come il sottoscritto, e che in termini di musica libera, sono stati recensiti anche su queste pagine. Ma non è tanto di chillwave e witchouse che voglio parlare, quanto piuttosto vorrei soffermarmi sul ruolo che stanno assumendo Bandcamp e Soundcloud nella definizione di questi nuovi fenomeni sonori.

Entrambe le piattaforme, come sapete, fanno dell’aspetto social e della provenienza indie dei musicisti due punti di forza. Così facendo, hanno finito ben presto per attirare a sè ed accentrare tutti quei produttori che, volendo o nolendo, non hanno altro modo per farsi ascoltare, commentare, promuoversi. E tra questi, si annoverano i cosiddetti “artisti ricettori“, cioè coloro i quali, per una sorta di talento innato, riescono a fare un’instantanea del panorama musicale attuale e a rielaborarlo secondo il proprio personale gusto, creando nuove estetiche e nuovi generi. E’ sacrosanto dire, nella musica elettronica in particolare, che “nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si remixa“.
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